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La Misericordia di Poppi Pia Confraternita è un’associazione di volontariato che opera tutta una serie di  servizi ed attività assistenziali a favore della popolazione del Comune di Poppi e dei territori limitrofi, avvalendosi di prestazioni personali e volontarie dei propri aderenti.

Solidarietà, amore verso gli altri, spirito di sacrificio, collaborazione con le Pubbliche Amministrazioni sono i valori di base che animano la nostra associazione. Nel nome Misericordia è racchiuso tutto ciò, difatti “miseri cor dare” non significa altro che dare il cuore ai miseri.

La Misericordia di Poppi è iscritta nel Registro regionale del Volontariato con Decreto PGR N.1059 del 26/09/1994 Rep. P. G. n. 95.

NOTIZIE STORICHE

Soppressa e ripristinata più volte, la Compagnia che già nel secolo XVII aveva assunto il nome di Compagnia della Misericordia fu ricostituita ufficialmente il 25 luglio 1795 con Rescritto del Granduca Ferdinando Terzo e nel solito anno si ha la prima iscrizione della Misericordia poppese nel registro conservato a Firenze presso la Confederazione Nazionale delle Misericordie . Nel 1853 il sodalizio fu ancora una volta soppresso e bisogna attendere il Sovrano Rescritto del 18aprile 1859 per vederlo di nuovo ripristinato e con l’ordinanza del Governo Provvisorio di Toscana del 19 gennaio 1861 vengono approvate le regole che ancora oggi costituiscono la base dello statuto sociale. Da quel lontano 1795 sono trascorsi duecento anni contraddistinti da una intesa ed apprezzata attività a favore degli infermi e dei più deboli,da qualche anno la sua attività si è diversificata in altri settori ed è così nato il Gruppo Donatori di Sangue “Fratres” .

Oltre duecento anni di vita costituiscono certamente un rilevante traguardo  per la Confraternita di Misericordia di Poppi.  Importanti avvenimenti e profonde trasformazioni hanno caratterizzato questi anni e la Misericordia di Poppi ha dimostrato nel tempo di essere sempre in grado di rispondere ad esigenze nuove e differenziate. Erede di una tradizione culturale che affonda le proprie radici nel Medioevo, si è mantenuta fedele allo spirito originario, all’idea stessa di assistenza, intesa come imprescindibile impegno caritativo, all’atteggiamento nei confronti di coloro che ricevono il servizio, considerati cristianamente come ‘prossimo’. Tutto ciò non ha impedito a questa Istituzione di essere al passo con i tempi: orgogliosa della propria identità e della propria autonomia ha saputo far fronte alle diverse situazioni, rimanendo sempre integrata nel tessuto sociale del paese, pronta ad impegnarsi in tutto ciò che è attinente al bisogno delle persone.

LA STORIA DELLE MISERICORDIE D'ITALIA

Le Misericordie hanno le loro origini nelle prime forme di partecipazione dei cittadini alla vita della comunità che presero il nome di Confraternite. E’ nel medioevo che queste forme di aggregazione assumono una identità più definita, dal X secolo in poi, in queste tipologie:

– Le Confraternite di Devozione che consentono una partecipazione più diretta dei laici alla liturgia

– Le Confraternite dei Penitenti che pongono l’accento sul rigore di e sulla necessità del pentimento e della penitenza

– Le Confraternite di Mestiere che uniscono attorno al culto del santo patrono i membri di una stessa professione prestando agli associati i servizi di “mutuo soccorso”

– Le Confraternite di Beneficenza (le Misericordie in Toscana, in Spagna e Portogallo, ed altre regioni che, nella pratica della carità, offreno specifici servizi di assistenza, gestendo ospedali, curando la sepoltura dei morti, ecc.

In secoli politicamente confusi le Confraternite si trovarono spesso a svolgere un ruolo da protagonista sul piano religioso e civile. La crescente importanza, anche economica, assunta da alcune Confraternite, e la loro grande capacità di mobilitazione popolare, provocherà dal sec. XIV, ripetuti tentativi volti ad “imbrigliarne” lo sviluppo e l’attività. Sempre in bilico fra il sospetto di eresia e di opposizione al potere politico, arricchite per donazioni e lasciti, le Confraternite diventarono la forma associativa volontaria più diffusa in Europa. Con queste radici e su queste premesse prende avvio il fenomeno delle Misericordie.

La prima Misericordia, quella di Firenze, risale al 1244; la prima traccia documentale è del 1321 ed è relativa all’atto di acquisto di una casa di proprietà di Baldinuccio Adimari sita davanti al Battistero. Ancora del 1321 è una nota relativa alla “Messa per la Pace” fra guelfi e ghibellini, organizzata dai Capitani della Compagnia della Misericordia e della Compagnia del Bigallo. Esistono poi alcuni atti e rogiti notarili, datati a partire dal 1330, nei quali la Compagnia della Misericordia risulta beneficiaria di lasciti e donazioni. Risalgono al 1361 quattro registri in cui sono riportati i nomi degli ascritti suddivisi per quartiere. In quegli anni la Compagnia è retta da otto Capitani, due per quartiere, scelti in modo tale che sei di questi appartengano alle Arti Maggiori e due alle Minori.

Alla metà del 1300 il Comune inizia a porre “maggiore attenzione” alle Confraternite con lo scopo, non dichiarato, di gestirne il patrimonio e di indirizzarne la politica sociale. Questa linea politica venne facilitata dall’atteggiamento dei Capitani delle diverse Compagnie costantemente alla ricerca di protezione politica e di “facilitazioni” per i loro sodalizi. Le Compagnie erano frequentemente beneficiarie di eredità e lasciti da parte di cittadini facoltosi, ma l’opposizione degli eredi naturali ostacolavano l’acquisizione spingendo i Capitani a chiedere una legislazione speciale che favorisse i propri sodalizi.

Nel 1366, la Compagnia di Orsammichele, di gran lunga più ricca fra le Compagnie fiorentine del tempo, viene costretta ad accettare la nomina dei propri camarlinghi (amministratori del patrimonio) da parte della della Repubblica.

La Riforma degli Statuti, avvenuta nel 1361 consentì alla Misericordia di Firenze di ritardare gli effetti di questa politica, ma nel 1425 viene costretta a fondersi con la Compagnia del Bigallo e nel 1440 il nuovo sodalizio, originato dalla fusione, si vede imporre come proprio camarlingo quello della Compagnia di Orsanmichele già da tempo era di nomina pubblica.

Verso la metà del XV secolo, a Firenze come nel resto d’Europa, tutte le Compagnie dedite alla beneficenza ed all’intervento sociale finiscono sotto il controllo diretto od indiretto dello Stato che le riorganizza secondo i propri fini di politica sociale.

A Firenze la Misericordia sarà ricostituita in forma autonoma nel 1490, con Statuti che ne modificano profondamente il corpo sociale, rendendola sostanzialmente diversa dal vecchio sodalizio, vi era la più ampia partecipazione a base popolare. Con il XVI secolo le Compagnie vennero messe in condizioni di esprimersi soltanto nei limiti parrocchiali come Confraternite Sacramentali o come società di assistenza distanti dal popolo per essere soggetto politico autonomo. Perciò pur registrandosi un numero elevato di Compagnie e Confraternite, non si sono sviluppati, per secoli, rapporti di reciproco contatto ma ciascuna di esse ha continuato a vivere concentrata sulla particolare forma di devozione o sul servizio alla propria comunità. L’unica forma di contatto istituzionale che sembra sopravvivere, in questi secoli, è rappresentata dalle occasioni devozionali e dai Pellegrinaggi Giubilari.

Su questo fronte, a partire dal XVI secolo, le diverse Confraternite cominciarono a stabilire forme di reciproca associazione in modo da “lucrare le indulgenze” di cui erano beneficiarie. In Toscana, la politica dei Medici, inaugurata nel 1490 con la ricostituzione della Misericordia di Firenze, produce la progressiva trasformazione degli antichi sodalizi in “nuove” Confraternite di Misericordia.

Il 21 marzo 1785 viene emanato il Decreto di soppressione delle Confraternite Laicali da Pietro Leopoldo I di Lorena su ispirazione di Scipione de’ Ricci, Vescovo, scismatico e giansenista, di Pistoia, poi, dal 1790, con il granduca Ferdinando III, le Confraternite vengono autorizzate a riprendere la loro attività seppure in modo condizionato.

Poiché la Misericordia di Firenze, era stata esentata dagli effetti del Decreto dell’85, molte delle Confraternite, ricostituite dopo il 1790, trovarono opportuno affiliarsi alla Misericordia fiorentina. All’affiliazione reciproca per motivi devozionali, sviluppatasi nei secoli precedenti, si aggiunge, così, nel XIX secolo, il fenomeno della Affiliazione alla Misericordia fiorentina promosso da fini politici.Successivamente, con l’Unità d’Italia e la capitale a Roma, fra le Misericordie politicamente più attente emerge la necessità di dare vita ad un organismo superiore, rappresentativo delle istanze locali e delle tradizioni dell’intero movimento, a cui demandare la conduzione del dialogo con il Governo centrale.

Nel 1899 si riuniscono a Pistoia i rappresentanti di 40 Confraternite e danno vita alla Federazione trasformata, poi, in “Confederazione” nel 1947

LA LEGGENDA

Per tradizione, la nascita del movimento delle Misericordie coincide con fondazione della Compagnia della Misericordia di Firenze per opera del frate domenicano Pietro da Verona.

A fianco di questa ricostruzione documentale esiste una diversa tradizione popolare che vuole in un facchino dell’Arte della Lana, tal Piero di Luca Borsi, l’iniziatore della Compagnia della Misericordia.

Piero, secondo la leggenda, lavorava a Firenze come facchino per conto della potente Arte della Lana. Un gruppo di questi facchini, fra cui il nostro Piero, aveva l’abitudine, fra un viaggio e l’altro, di rinfrancarsi presso la Buca degli Adimari, una mescita di vino nei pressi della Cattedrale. Le discussioni erano inevitabili e frequenti. Forse per la stanchezza, forse per il vino, certamente per ignoranza, i compagni di Piero si lasciavano andare alla bestemmia del nome di Dio. Piero che era uomo molto devoto, rimproverava questo comportamento dei compagni senza però ottenere alcun risultato.

Ebbe l’idea, allora, di proporre ai compagni di istituire il pagamento di una multa ogni qual volta uno di essi bestemmiasse. La proposta venne accettata e dopo qualche tempo, la somma, costituita dal versamento delle multe, raggiunse una cifra considerevole. Propose, quindi, ai compagni di comprare, con quei soldi, sei ceste da portare a spalla, dette zane, con le quali andare a raccogliere i malati della città accompagnandoli agli ospizi dove sarebbero stati curati. I compagni accettarono e stabilirono un compenso per ciascuno dei viaggi che avrebbero effettuato. Così, secondo il sentimento popolare, ebbe inizio la Compagnia della Misericordia.

La Leggenda Popolare di Piero di Luca Borsi continua a riscuotere un immutato successo fra i Fratelli delle numerose Misericordie che da allora si sono diffuse in tutta l’Italia e nel mondo. La tradizione popolare (ma è, qui, forse il caso di parlare di “Saggezza”), sembra aver disegnato, inconsciamente, attraverso la metafora della Leggenda, il profilo di cosa voglia dire partecipare all’esperienza delle Misericordie. E’ per questo motivo, forse, che la Leggenda vive, nonostante tutto e nonostante tutti.

LA TRADIZIONE DEL MOVIMENTO

Secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, venne fondata nel 1244 dal frate domenicano Pietro da Verona, poi divenuto Santo con il titolo di Pietro Martire. Pietro da Verona giunge a Firenze sul finire del 1244, sotto il pontificato di Innocenzo IV. L’intensa attività di Fra Pietro, rafforza la posizione della Chiesa cittadina e il frate lascia Firenze, ritenuta ormai fedele, verso la fine del 1245.

La “Società della Fede”, da lui creata, perde così la sua funzione e sciogliendosi dà vita a tre Compagnie:

– la Compagnia della Vergine, poi detta di San Pier Martire

– la Compagnia del Bigallo

– la Compagnia della Misericordia

Fra Pietro verrà ucciso, nei pressi di Seveso, da eretici patarini nel 1252 e venne dichiarato Santo nel 1253.

Questa ricostruzione dei fatti che dettero vita alla prima Misericordia purtroppo non dispone dei documenti originari, perduti, sembra, a causa della rovinosa alluvione del 1557, ricevendo una conferma soltanto dai documenti amministrativi del secolo successivo.

Fra Pietro comprende bene le potenzialità offerte dall’associazionismo spontaneo dei fedeli, ma l’informalità, l’assenza di Statuti redatti in conformità ai principi stabiliti della Chiesa, espone al rischio di eresia queste forme di aggregazione, tantopiù che il IV Concilio Lateranense del 1215, voluto da Papa Innocenzo III per contrastare l’eresia patarina, aveva fissato limiti precisi all’associazionismo laico. L’assenza di una documentazione originaria troverebbe una qualche spiegazione alla luce di quanto avvenuto in altre Associazioni, ove pare che i più antichi documenti siano stati metodicamente distrutti od occultati dagli stessi Ordini per sfuggire ai rigori dei canoni fissati nel 1215 dal IV Concilio Lateranense e nel 1274 dal II Concilio Lionese. Altrettanto, per motivi anche diversi, potrebbe essere avvenuto nelle Compagnie se è vero che il primo documento conosciuto in cui si cita la Misericordia risale al 1321 ed attesta che, in quel momento, la Compagnia dispone dei capitali necessari per l’acquisto di una casa davanti al Battistero.

Rimane comunque intatta l’importanza del ruolo tradizionalmente attribuito a San Pietro Martire che è certamente colui che ha dato alla prima Misericordia la solidità dell’istituzione.